Antonio Forcellino
Leggi i suoi articoliQuesta sanatoria che dichiara restauratori un numero spropositato di operatori artigiani è un altro passo significativo verso la cancellazione del Restauro come disciplina creativa/intellettuale così come si è venuta strutturando in Italia negli ultimi cinquecento anni. L’altro passo significativo è stato quello di qualificare le imprese non attraverso i curricula e le esperienze dei restauratori, ma attraverso dei certificati che le imprese comprano o ottengono dopo esperienze irrilevant (lapidi cimiteriali o pensiline di stazioni ferroviarie postunitarie). Trent’anni fa ho personalmente organizzato con alcuni combattivi colleghi la prima manifestazione pubblica dei restauratori. Vestiti da soldati napoleonici, sfilammo per le vie di Roma evocando un nuovo sacco se non fossero intervenute leggi a difesa della qualità del restauro che va di pari passo con un’adeguata politica di tutela del bene comune.
Oggi posso dire che abbiamo perso. Il patrimonio ha perso perché la classe dirigente che si è affermata negli ultimi decenni non conosce neppure la questione del restauro nella sua complessità culturale, nella sua dimensione di attività critica vitale per conservare e valorizzare l’arte italiana. I nuovi soprintendenti, i nuovi direttori generali del Ministero per i beni e le Attività culturali pensano che il restauro sia solo una branca più pulita e graziosa (tutte quelle ragazze vestite di bianco immacolato della pubblicità...) dell’Edilizia civile, dell’Idraulica e della Meccanica. E allora di che cosa ha bisogno il patrimonio italiano? Di un esercito di idraulici meccanici e operai con qualche infarinatura di Storia dell’Arte. Benissimo. Anzi malissimo, ma tant’è, bisogna pure rassegnarsi, noi le nostre battaglie le abbiamo combattute e perse. Quali soggetti pubblici, però, non quali soggetti privati.
Non siamo infatti riusciti a mettere in ordine il settore a gestione pubblica, che per ovvi motivi è in Italia vastissimo e quasi preponderante, essendo i beni culturali essenzialmente beni pubblici. Il mercato privato dell’arte e del restauro, invece, sa scegliere e quando deve mettere mano su beni di famiglia vuole professionisti ben formati e ben sperimentati. Non così il mercato del Mibac: per quello bastano i certificati e quelli di questa sanatoria piovono dal cielo come una manna benedetta. Con quelli rilasciati alle imprese fanno una bella copertina per il nostro patrimonio. Auguriamoci che non sia un sudario.
I MEDICI DELL'ARTE
1 | Il restauro italiano numero uno al mondo
2 | Gianluigi Colalucci
3 | Pietro Pietraroia e Nanni Molè
4 | Il Chi è del restauro italiano
5 | Laura Lucioli
6 | Simona Sajeva
7 | Anna Scavezzon
8 | Giorgio Bonsanti
9 | Antonio Forcellino
Altri articoli dell'autore
Gli auguri della casa editrice con opere scelte dai suoi autori | Nell’«Adorazione dei Magi» per la confraternita dei Bianchi a Città della Pieve, la sostanza e la poesia del pittore umbro per i compaesani
Vi si cimentarono i massimi artisti del Rinascimento. Uno studio di Antonio Forcellino